Le malattie ci sono sempre state e da sempre qualcuno ha cercato di guarirle. Un mestiere antico quello del medico, forse tra i più antichi nella storia dell’uomo. Anche se ovviamente tra lo sciamano delle tribù e i camici bianchi di oggi la differenza è significativa e ben poco hanno in comune.
Fin dalla preistoria si credeva che gli dei avessero un’influenza sul corpo umano e che le malattie fossero una punizione divina. Concetto per altro resistito fino a pochi decenni fa e per taluni presente ancora oggi per giustificare epidemie e catastrofi.
Lo sciamano medico-sacerdote era una figura rispettata e temuta, che si riteneva potesse predire il futuro e cambiare il corso predestinato degli eventi e di conseguenza anche la malattia: punizione divina.
Nell’antico Egitto invece i sacerdoti erano riuniti in una potente casta ed organizzati secondo una gerarchia piramidale a placare l’ira degli dei. Ma questi terapeuti raggiunsero anche una grande competenza tecnico-professionale grazie all’abitudine di eseguire l’imbalsamazione. Questa esperienza permise loro di comprendere le strutture del corpo umano e la loro funzione. Sapevano benissimo che il cuore era deputato a motore dell’attività circolatoria ed il cervello come sviluppatore di idee e di movimento.
Queste conoscenze permise loro anche di differenziarsi secondo specialità: per cui esistevano medici generici e specialisti. Esistevano medici esperti nell’addome, negli occhi, nei denti e soprattutto chirurghi, come rivela il papiro di Edwin datato tra il 1600-1550 a.C. in cui vengono descritti ben 48 traumi con diagnosi e relativa cura.
Tra gli Assiri non esisteva una medicina così sviluppata e il magico e l’empirico erano la norma. Così pure nel mondo greco la medicina magica continuò a proliferare attraverso i sacerdoti di Asclepio. Tale divinità raffigurata con un bastone magico a cui era attorcigliato un serpente è ancora presente come simbolo nelle attività sanitarie in tutte il modo, anche se spesso è anche rappresentata con un bastone e due serpenti, segno di Mercurio messaggero degli dei, e questo più per assimilazione che per le specifiche attribuzioni a Mercurio stesso.
A cambiare il corso della storia della medicina è l’intervento di Ippocrate, medico greco, vissuto nel V secolo A.C. a Kos. La sua opera magistrale Corpus Hippocraticum entrò in competizione con la tradizione magico-religiosa basandosi su una interpretazione nelle cause delle malattie: abitudini di vita, dieta e condizioni ambientali; l’equilibrio tra gli umori: sangue, flegma, bile gialla e bile nera. Tali principi influenzarono la medicina dei secoli successivi sino al medio evo inoltrato. Un contributo importante alla medicina e alla chirurgia lo portò nel periodo romano Galeno di Pergamo che sviluppò conoscenze chirurgiche studiando le ferite dei gladiatori. Le sue interpretazioni e consigli terapeutici guidarono la medicina e la chirurgia sino al Rinascimento.
A Salerno tra il IX e il X secolo si sviluppò una scuola di medicina estremamente importante che si basava sulle conoscenze della scuola medica di Helea/Velia (importante città e sede filosofica del Cilento) e sulle conoscenze dei medici arabi che avevano avuto accesso alle conoscenze mediche contenute nelle biblioteche di Alessandria e Pergamo. Da ricordare particolarmente in questa scuola la presenza di una donna: Trotula de Ruggiero che codificò un compendio di scienza ostetrica, del neonato e dell’allattamento.
Federico II di Svevia stabilì la necessità di ottenere un attestato per l’esercizio della medicina: nascono così le facoltà dedicate, le prime Università a Montpellier, Bologna, Parigi, Oxford, Salamanca.
Queste conoscenze, purtroppo, erano più di tipo filosofico che pratico e i malati venivano curati nel conventi grazie ai monaci e a medici empirici. Nascono così i chirurghi-barberi staccati dalla medicina ufficiale e discriminati nell’attività dai luminari Universitari, ma attivi tra la gente del popolo e sui campi di battaglia (ne abbiamo parlato in questo articolo).
Il Rinascimento e l’età moderna fino al XVIII secolo è pervaso da un progressivo sviluppo della medicina sino a giungere al XIX secolo in cui il medico è sempre più padrone di conoscenze scientifiche e di diffusione delle stesse nell’ambito degli addetti. Con la fine del secolo XIX si prende anche consapevolezza delle problematiche della antisepsi e delle procedure di sterilizzazione. Il camice bianco è l’emblema del medico che deve presentarsi pulito nel suo attendere al malato. Nasce il medico condotto, nasce la medicina sociale, nasce il diritto alla salute. Principio oggi non più messo in discussione e, su cui si basa la medicina occidentale, quella che oggi ci difende anche dal COVID -19.