Ci sono due aspetti della cura che sarebbe auspicabile fossero sempre strettamente in sinergia, anche se purtroppo spesso non lo sono: il curare, diremmo oggi il fare la diagnosi e il prescrivere la terapia, e il prendersi cura, cioè l’accudire stabilmente il malato sia da un punto di vista fisico che morale. Dall’inizio del tempo al femminile è stato associato il compito del prendersi cura.
Le donne hanno da sempre svolto un ruolo importante nella cura dei membri della propria famiglia e della propria comunità. A loro fin dall’origine era affidata la cura dei piccoli e degli anziani mentre i maschi si dedicavano alla caccia e alla difesa della comunità. Un ruolo importante ma sempre tenuto un poco nell’ombra quando si trattava di assumere una autonomia completa e avallata dall’autorità del ruolo che le competeva. Ragione per cui quando la medicina iniziò ad avere caratteristiche proprie legate anche ai riti religiosi oltre che all’attività di cura la posizione dominate fu assunta dall’uomo Sacerdote-Medico, Medico-Dotto, Medico-Chirurgo o Medico-Universitario. Nella ricerca di recuperare questo ruolo tenuto compresso e misconosciuto nei tempi passati voglio proporvi una serie di articoli che svilupperanno la storia delle Donne-Medico dai tempi più remoti sino all’età contemporanea. Sino a quando appunto la parità di accesso alla professione non viene più discussa e le donne possono portare il loro contributo alla ricerca, alla cura e all’insegnamento in prima persona senza più nascondersi oppure svolgere attività ancellari nei confronti della medicina a prevalenza maschile. Infatti, le donne furono accettate senza discriminazione nelle Università e nella professione medica soltanto fra la fine del 1800 e l’inizio del 1900.
La nostra storia, comunque, partendo appunto anche dall’arte del prendersi cura, con molti intrecci, discontinuità e curiosità ha inizio molto, molto tempo prima. Siamo intorno all’anno 2700 a. C., antica età del bronzo, ed è qui che incontriamo quella che viene considerata la prima donna medico della storia. È Merit Ptah che visse in Egitto tra la II e la III dinastia. Viene definita dal figlio, che fu un Sommo Sacerdote, “medico capo” o “sommo capo”. Non dimentichiamo che l’Egitto verrà considerato dal mondo greco come la culla della medicina. Il fatto poi che Merit Ptah praticasse la medicina nella civiltà matriarcale faraonica egizio-nubiana con un rango di gran rilievo, deve essere considerata una cosa rientrante nella normalità di quel lontano periodo storico ed è questo uno degli aspetti più rimarchevoli. Un’altra famosa figura di medico donna dell’antico Egitto fu Peseshet, che visse nel periodo della IV dinastia.
A proposito del campo medico, si ritiene che già attorno al 3000 a. C. in Egitto esistessero scuole di medicina per le donne che avessero voluto specializzarsi nel campo della ginecologia. Nell’antica Grecia già tra gli dei troviamo indizi che identificano la presenza della donna nella medicina. La figlia prediletta di Asclepio, il Dio della medicina dell’antica Grecia, infatti, era Igea, quale personificazione della buona salute e delle regole “ igieniche” atte a mantenerla. Un’altra figlia di Asclepio è Panacea, che presiedeva all’uso delle erbe magiche e officinali: qui ci avviciniamo di più all’aspetto della cura. Nell’antica Grecia, la prima donna medico di cui ritroviamo le tracce è Agnodice Fanostrata (Atene IV-III sec a. C.), di buona famiglia ateniese, si taglia i capelli e si traveste da uomo per studiare medicina ad Alessandria d’Egitto con Erofilo, uno dei più rinomati medici dell’epoca. Il travestimento è reso necessario dal divieto di studiare medicina imposto alle donne e agli schiavi. Conclusi gli studi, rientra ad Atene dove diventa un’ostetrica molto ricercata, vestita da uomo, usava mettere le sue pazienti a loro agio sollevando le vesti per rivelare il proprio sesso. Gelosi del suo successo, i medici ateniesi la chiamano in giudizio in tribunale dove lei solleva di nuovo le vesti. Scoprono che è una donna e viene condannata a morte. Nell’udire la notizia, numerose mogli di ateniesi illustri circondano il tribunale e minacciano di uccidersi se la sentenza verrà eseguita. Ottengono così che non solo Agnodice continui ad esercitare.
Dell’epoca romana si hanno che scarsissime notizie circa l’esistenza reale di donne medico. Ad esempio, nell’antica Roma si parla, in modo confuso e non chiaro, di due appellativi, medica e obstetricex: erano due figure distinte o confluivano una nell’altra? Non lo sappiamo. Sono giunte a noi molte epigrafi sepolcrali dei primi secoli dopo Cristo provenienti dall’Asia Minore in cui si legge che in vita le defunte avevano esercitato la professione di medico, ma non si hanno notizie certe. C’è però una figura femminile molto significativa appartenente al mondo ebraico: è Maria la Profetessa, o Miriam, molto importante sul versante alchemico del sapere curativo. Ha, infatti, delineato le linee fondamentali dell’Alchimia occidentale ponendo le fondamenta per la nascita della chimica moderna. Una curiosità: a lei sembra si debba attribuire l’invenzione di quella tecnica di cottura a doppio bollitore chiamata proprio in suo onore Balneum Mariae (“bagnomaria”). Nello stesso arco di tempo, tra i Santi dei primi secoli del Cristianesimo (quindi in un ambito culturale permeato dal sapere greco-romano innestato nel nuovo spirito della religione cristiana) troviamo due donne di cui si diceva essere “sapienti nell’arte medica”: Santa Teodosia (che nasce a Tiro in Fenicia intorno al 239 d. C.) e Santa Nicerata, la cui figura è collocata a Costantinopoli sotto il regno dell’Imperatore Arcadio (395-408 d. C.). Inoltre fu una matrona romana di fede cristiana, la nobile e ricca Fabiola, a fondare nel 390 d. C. il primo ospedale della storia, il nosokomion di Roma, assumendosi anche delle specifiche mansioni mediche.
Massimiliano Visalberghi Wieselberger, Le donne della medicina nell’età Classica greca e romana, su academia.edu.
Agnodice Engraving (vai alla fonte).;
Maria la Profetessa (vai alla fonte);
Panacea (vai alla fonte);
Merit Ptha (vai alla fonte)