Anche se può sembrare strano, Lazzaro non c’entra nulla. Il nome “lazzaretto” pare derivi da Nazarethum, il nome con cui veniva indicata l’Isola di Santa Maria di Nazareth, sulla quale la Repubblica di Venezia fondò il primo lazzaretto conosciuto.
La peste, la Morte Nera, era giunta dall’Asia nel 1347 uccidendo e distruggendo ogni cosa dovunque passasse. L’unica difesa era l’isolamento. E noi, a distanza di 700 anni, ne sappiamo qualcosa. Venezia posta al centro di commerci e via di passaggio tra Oriente ed Occidente era particolarmente esposta a contagi ed era necessario prendere provvedimenti drastici. Nel 1468 si decise di creare un luogo specifico in cui rinchiudere i malati in “quarantena” (quaranta giorni era il tempo ritenuto necessario per purificare il corpo dal morbo). La conformazione della laguna, infatti forniva un sistema ideale di isole e specchi d’acqua che permetteva di creare una rete di strutture per smistare i casi sospetti, quelli conclamati e le merci.
Già dal XII secolo esisteva a Venezia sull’Isola di San Lazzaro Medicante (ora isola degli Armeni) un lebbrosario. Nel 1423 il Senato di Venezia istituì appunto nell’isola di Santa Maria di Nazareth il primo ricovero per gli appestati con medici ed infermieri pagati dallo Stato. La gravità della situazione imponeva l’intervento pubblico (le cose non sono cambiate a distanza di secoli).
I marinai erano tenuti ad un controllo e alla denuncia di eventuali situazioni a rischio e passavano un periodo preventivo di isolamento prima di sbarcare essi stessi e le merci.
Nel 1468 venne istituito un lazzaretto di “contumacia” per accogliere i convalescenti e le merci e le persone che giungevano da paesi sospetti. Esisteva un rigoroso controllo perché nessuno si sottraesse al Magistrato di sanità. Tutto ciò comportava un aggravio della spesa pubblica ma la prevenzione era fondamentale per evitare tracolli economici e demografici: conseguenze estreme delle epidemie
Da Venezia il modello ospedaliero “pubblico” si diffuse rapidamente sulle coste del Mediterraneo e nell’entroterra. Durante i picchi di epidemia questi luoghi si riempivano rapidamente di malati che morivano nel giro di pochi giorni. Spesso le condizioni igieniche precarie di questi luoghi, invece di arginare la diffusione del morbo ne favorivano la diffusione infettando i medici e gli assistenti che a loro volta infettavano la popolazione sana (quanto questo sia vero lo sappiamo anche noi dalle recenti esperienze da Codogno e Alzano Lombardo).
Per ridurre il contagio i Lazzaretti venivano costruiti fuori le mura delle città oppure nelle prossimità dei fiumi che permettevano di attingere l’acqua e nello stesso tempo isolavano la struttura.
Al centro del Lazzaretto, almeno nelle strutture Italiane era presente un piccolo edificio religioso aperto in ogni lato in modo da permettere a tutti di assistere alle funzioni religiose. Oltre l’assistenza alla persona l’obbiettivo era anche di dare conforto caritatevole e di chiedere aiuto a Dio. Era un tempo in cui ancora si collegava l’evento pandemico con un intervento divino in senso punitivo ed era quindi necessario chiedere aiuto e perdono anche in questo senso.