La medicina in un campo di concentramento tedesco nella seconda guerra mondiale - Croce Rossa Italiana

LA MEDICINA IN UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO TEDESCO DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE

Il Rapporto ufficiale di Primo Levi e Leonardo De Benedetti descrive l’assistenza sanitaria all’interno del campo di concentramento di Monowitz

Non esiste molta documentazione sul tema dell’assistenza sanitaria all’interno dei campi di concentramento tedeschi durante l’ultimo conflitto mondiale e le testimonianze sono ormai rarefatte dato il lungo periodo trascorso. 

Documento di fondamentale importanza a riguardo è il Rapporto ufficiale di Primo Levi e Leonardo De Benedetti, scritto a seguito di una richiesta da parte del Comando russo del campo di Katowice nella primavera del 1945, che descrive l’assistenza sanitaria all’interno del campo di concentramento di Monowitz.

Il risultato è un documento che suscita interesse e turbamento, ricco di dettagli spesso drammatici. Veniamo a sapere per esempio che sul convoglio che trasportava i deportati venivano distribuiti quotidianamente pane, formaggio e marmellata ma niente acqua; come la teutonica disciplina del triage (smistamento dei malati) si accompagnasse a lunghe code o alle corse completamenti nudi sotto la neve.

Dalla descrizione della vita quotidiana all’interno del Campo i due autori passano alla descrizione delle malattie tipiche che colpivano i deportati ed il loro trattamento e dei servizi medici del Lager (gli ambulatori e l’infermeria) .

L'alimentazione nei campi di concentramento

L’alimentazione fortemente deficitaria sia quantitativamente che qualitativamente determinava nelle persone forti dimagrimenti e predisposizioni a contrarre malattie di ogni genere. Le ferite che spesso si procuravano, tendevano alla cronicizzazione con formazioni di ulcere, piaghe suppuranti e maleodoranti. Al dimagrimento e alla perdita di forze contribuiva anche la diarrea della quale soffriva la maggior parte dei prigionieri, scatenata spesso da un fattore determinante accidentale, come, ad esempio, una prolungata esposizione al freddo o l’assunzione di cibi avariati (spesso il pane era ammuffito) o di difficile digestione.

Esisteva sempre una sete assai intensa. Chi andava incontro a guarigione ne usciva sempre mal ridotto. La cura, standardizzata, era duplice: alimentare e medicamentosa. Chi veniva ricoverato all’ospedale del Campo veniva trattato con una alimentazione più appropriata e con l’aggiunta di un astringente.

Le principali malattie

Bronchiti, polmoniti, broncopolmoniti erano all’ordine del giorno, e venivano curate in modo molto semplice: impacchi freddi sul torace, qualche compressa antipiretica e, nei casi più gravi, sulfamidici in dosi assolutamente insufficienti. 

Contro i congelamenti non si praticava alcuna cura se non l’amputazione della parte ammalata quando il congelamento era di una certa gravità.

Tra le malattie infettive le più frequenti erano la scarlattina, la varicella, l’erisipela e la difterite. Si manifestavano anche saltuariamente casi di tifo addominale. Coloro che venivano colpiti da una di queste malattie erano ricoverati in un padiglione di isolamento, ma in modo promiscuo, senza cioè che vi fosse una separazione fra gli ammalati delle diverse forme morbose. Era quindi molto facile che un ammalato, entrato in infermeria con una forma infettiva, vi contraesse il contagio di un’altra; tanto più che né le coperte né le scodelle in cui era distribuita la zuppa erano mai disinfettate.

La medicina nei campi di concentramento

Venivano praticate anche operazioni di alta chirurgia, prevalentemente addominale, per ulcere gastroduodenali, appendicectomie, resezioni costali per empiemi, interventi ortopedici per fratture e lussazioni. Se le condizioni generali del paziente non davano sufficienti garanzie per la sua resistenza al trauma operatorio, gli si praticava, prima dell’intervento, una trasfusione di sangue. Come donatore, si ricorreva a qualche deportato, giunto di recente e ancora in buone condizioni generali; l’offerta del sangue era volontaria e il donatore veniva premiato con quindici giorni di riposo in ospedale, durante i quali riceveva un vitto speciale. Perciò le offerte di sangue erano sempre numerose.

Nel Campo funzionavano vari ambulatori tra cui quello di medicina generale, chirurgia generale, otorinolaringoiatria, oculistica, odontoiatria, neurologia; vi era un “padiglione di riposo” nel quale erano ricoverati i distrofici, gli edematosi e certi convalescenti.

Da questa descrizione si potrebbe ritenere che si trattasse di un ospedale, piccolo sì, ma completo; in realtà vi erano molte deficienze come la mancanza di medicinali e la scarsità di materiale da medicazione, data la grave situazione in cui già fin da allora si trovava la Germania.

Le coperte e i sacconi dei giacigli erano addirittura lerci, con macchie di sangue e di pus e spesso di feci, che ammalati in stato preagonico perdevano involontariamente.

I farmaci erano ridotti al minimo; mancavano assolutamente molti prodotti, anche i più semplici e di uso corrente, mentre di altri non ne esistevano che quantità esigue.

Il personale veniva reclutato fra i deportati medesimi. I medici venivano scelti, previo esame, fra coloro che, all’ingresso al Campo, avevano denunciato di possedere la laurea in medicina. I loro servizi venivano ricompensati con un miglior trattamento alimentare e con migliori abiti e calzature.

L’affluenza degli ammalati era sempre grandissima e superiore alla capacità dei diversi reparti; gli ammalati venivano dimessi non completamente guariti e sempre in condizioni di grave debolezza generale.

Coloro poi che erano affetti da malattie croniche o il cui ricovero in ospedale si prolungava oltre un certo periodo di tempo, erano avviati a Birkenau dove venivano soppressi nelle camere a gas.

Informazioni su questo articolo

Fonti

  1. Rapporto su Auschwitz Primo Levi e Leonardo De Benedetti, Einaudi 2013;

  2. L’assistenza sanitaria all’interno dei campi di concentramento, Irene Quintavalle, tesi di laurea Università di Firenze 2018/2019.

     

Fonti iconografiche

  1. Blocco 50, istituto di igiene delle Waffen SS a Buchenwald, 1943-1945 (vai alla fonte);

  2. Auschwitz, posizione del blocco 10 dove avvenivano le sperimentazioni mediche (vai alla fonte);

  3. Fabbrica Buna di proprietà della IG Farben nel campo di lavoro di Monowitz, 1941 (vai alla fonte).