La mitologia è ricca di Dei ed Eroi colpiti da malattie. Ma a farla da padroni sono ulcere croniche e ferite difficili a cicatrizzarsi. Prometeo dopo aver sfidato Zeus, paga la sua disubbidienza, per aver donato il fuoco agli uomini, subendo non solo una grave ferita al torace con una colonna di marmo ma anche, con la periodica visita di un’aquila che con becco ed artigli gli dilania il fegato, ma questo ogni notte si rigenera per essere nuovamente dilaniato (la rigenerazione del parenchima epatico era già noto ai Greci? Da quanto esposto direi di sì). Efesto, Dio del fuoco, era zoppo perché fu scaraventato violentemente giù dall’olimpo dal padre Zeus. Anche il centauro Chirone era zoppo per una freccia scagliata da Eracle così come Edipo ( dai piedi gonfi) per le ferite infantili patite dal tirannico padre Laio. Lo stesso padre degli Dei Zeus zoppica a causa di Tifeo che gli recide i tendini della coscia. Il povero Filottete, arciere di Ulisse, dopo essere stato morso da un serpente, sviluppa un’ulcera maleodorante e purulenta e viene per questo abbandonato sull’isola di Lemno. Telefeo ferito da Achille (per avere a sua volta inferto lesioni al suo amico Patroclo) era portatore di un’ulcera che dopo 8 anni non guariva. Al contrario di altri, cerca in ogni modo di trovare una soluzione per guarire. L’oracolo di Apollo gli aveva predetto che solo la lancia che lo aveva trafitto avrebbe rimarginato la sua ferita. Quindi, sottratta questa ad Achille con un inganno, ne raschiò la ruggine che, cosparsa sulla ferita la sanò (l’ossido di ferro come cicatrizzante? Gli antichi sanno sorprenderci con le loro leggende). Non lontana dalla mitologia greco-romana ed anche da quella Celtica e Vichinga, l’iconografia classica Cristiana ci propone anch’essa Santi e Beati portatori di Ulcere croniche (stimmate) in diverse parti del corpo. La sopportazione di una ferita che non migliora risulta essere quindi, secondo una strana legge antropologica, il risultato di un “avvicinamento eccessivo” dell’uomo alla Divinità Suprema (o, in alternativa, la punizione per la trasgressione ad essa). Un “Marchio” quindi universalmente impresso sulla carne come garanzia di forza e santificazione.
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